Post Primavera Sound

Ritorno alla realtà. A pochi giorni dalla fine del Primavera Sound si ha la netta sensazione di aver vissuto e visto uno dei Festival musicali migliori della Spagna e chissà […]

Ritorno alla realtà. A pochi giorni dalla fine del Primavera Sound si ha la netta sensazione di aver vissuto e visto uno dei Festival musicali migliori della Spagna e chissà d’Europa. E a maggior ragione quest’anno, edizione da record con quasi 140.000 persone che hanno assistito ai 276 concerti in programma, con un cartellone più ricco che mai.
Il nostro viaggio al Primavera è iniziato giovedì alle ore 20.30 circa, con il concerto degli americani Of Montreal nel grande palco del San Miguel, al Forum: a ritmo di musica pop, colori, maschere e travestimenti, i 5 componenti della band accompagnati sul palco da due attori, ci hanno allietato con un piacevole quanto stravagante show. A seguire Big Boi, la metà degli Outkast: dal palco, insieme a 1 DJ e 2 MCs, hip hop a tutto volume, inclusi alcuni classici degli Outkast, con André 3000 samplerizzato.
A seguire, sovrapposizione tra i concerti di The Walkmen e Grinderman: il vocione di Nick Cave ha la meglio e rimaniamo nello spazio San Miguel a sentire il rock energico, con spruzzate di blues e punk, a tutta potenza, dei Grinderman, la nuova band di Nick Cave con canzoni come “Get in on” e “No pussy blues”.
Arriva poi il momento degli Interpol, che coincide purtroppo con Caribou: optiamo per i newyorkesi e ci spostiamo quindi verso il palco più lontano di tutti, esattamente dalla parte opposta del San Miguel, a 2 km di distanza, a Llevant, in attesa della band.
“Slow Hands” da inizio al concerto dall’acustica quasi impeccabile: tra le esecuzioni migliori anche “Obstacle 1”, “No I in Threesome” ed “Evil”. Il concerto termina purtroppo senza l’esecuzione di una delle mie preferite, “PDA”. Pazienza.
Dopo gli Interpol è il turno dei The Flaming Lips: abbastanza deludenti a mio avviso, data l’esecuzione in un intera ora di sole 4 canzoni, con il cantante e gli altri musicisti che sembrano stare da tutt’altra parte.
A chiudere la prima giornata, l’americano Girl Talk: specializzato in mashups e digital samplings, propone mix impareggiabili tra Guns’n’Roses e Lady Gaga che infiammano letteralmente lo scenario e fanno scatenare la folla.

Venerdì: la seconda giornata al Forum inizia con il ventiduenne James Blake. Dal palco Pitchfork, accompagnato da chitarra e batteria, il giovane inglese incanta i presenti e rende felice la sottoscritta con l’esecuzione del brano “Limit to your love”.

Dopo James Blake, il concerto che più attendevo di tutto il Festival (e non solo io, visto il mare di gente presente nello spazio Llevant): i The National. Epico, intenso, grazie alla fantastica e sublime voce del bravissimo Matt Berninger, inizia con le note di “Start a war”. A seguire brani dagli album precedenti, “Alligator” e “Boxer”, pezzi come “Brainy”, “Fake Empire”, “Apartment history”, “Ada”, intervallati dalle canzoni dell’ultimo album, “High Violet” e, in chiusura, “Terrible Love”. Quasi due ore di esibizione per la band di Cincinnati, Ohio, con tanto di cameo di Sufjan Steven che sale sul palco per un brano, con un tamburello in mano: indimenticabile!
A seguire, ci spostiamo nel palco Ray Ban per ascoltare il post-rock strumentale dei geniali Explosions in The Sky, prima dell’attesissima esibizione dei Pulp. Riuniti dopo circa 10 anni di silenzio, il loro concerto è un’autentica festa accompagnata da tutte le loro hit più conosciute come “Disco 2000” e “Common People”, quest’ultima dedicata da Jarvis Cocker al movimento 15M, i giovani indignados spagnoli.
In chiusura il duo inglese Simian Mobile Disco che, come da previsione fa scatenare tutti, e, di corsa, di nuovo verso il palco Ray Ban, per il rock sperimentale degli statunitensi Battles, capitanati da Ian Williams, che presentavano il nuovo disco, “Gloss Drop” che vanta numerose e preziose collaborazioni:  dalle scalinate dell’anfiteatro, finalmente seduti, ci siamo goduti il ritmo del nuovo singolo “Ice cream”, anche se è mancata l’esecuzione di un grande pezzo come “Tonto”, uno dei mie preferiti. Si chiude così, con una 12 ore non stop, la seconda giornata del Festival, a mio avviso la migliore.

Sabato, Barcellona sembra davvero il centro del mondo: ultima giornata del Primavera al Forum, più finale di Champions League, attesissima in città e proiettata ovunque. Maxi schermo per seguire la partita anche al Forum. È ancora giorno quando suonano gli americani Fleet Foxes, dal palco San Miguel, con il barbuto Robin Pecknold con l’immancabile cappello: folk e atmosfera retro per un bel concerto. A seguire, Pj Harvey, una delle più attese: l’artista inglese, vestita di bianco, propone pezzi del suo repertorio intercalati da brani dell’ultimo album “Let England Shake” e non delude le quasi 20.000 persone giunte ad ascoltarla.
Infine gli scozzesi Mogwai: dal palco del Llevant, che non delude neanche stavolta per l’acustica, infiammano con il loro potente post rock e i pezzi dell’ultimo album, “The hardcore will never die but you will”: “Death rays”, “Grand Prix” e la magistrale ed incredibile “San Pedro”.

Qui finisce purtroppo il nostro Primavera Sound: unica nota negativa, le code infinite per accedere ai bar il primo giorno, colpa delle tessere magnetiche con le quali si potevano comprare cibi e bevande che purtroppo non funzionavano. Tessere a parte, sogno già con l’edizione del prossimo anno. Primavera Sound 2012, ti aspetto.

Foto: Clara Tortato

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