DWF9 Preview: intervista con Dead Heat

Il loro debutto nella nuova formazione come Dead Heat, Bosco EP, fa pensare alla traduzione musicale due idee, oppure alle due facce di una stessa idea. Fatto sta che la […]

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Il loro debutto nella nuova formazione come Dead Heat, Bosco EP, fa pensare alla traduzione musicale due idee, oppure alle due facce di una stessa idea. Fatto sta che la sonorità languida delle tracce viene ulteriormente incupita dai remix di Lucy (Luca Mortellaro di Stroboscopic Artefacts) e da The Field (Axel Willner). Il primo aggiunge un po’ di colore nero e di suoni sporchi, il collega svedese invece ci accompagna invece in un viaggio mentale in dimensioni più astrali.

Il trio, composto da Matteo Lavagna, Sergio Maggioni e Carlo Alberto Dall’Amico, sarà a Milano per Elita Design Week Festival 9, l’ormai immancabile colonna sonora della Design Week milanese. Per l’occasione abbiamo fatto ai tre alcune domande in attesa del live act in calendario sabato 12 aprile.

Cosa vi ha portati a cambiare progetto da Esperanza a Dead Heat?

Ci siamo accorti che invece di seguire le scie dell’aliante giallo volevamo addentrarci nel bosco..

Già, l’aliante giallo! Cosa rimane però della passata esperienza? L’album uscito su Gomma pare abbastanza diverso da Bosco, no?

L’umore è sicuramente cambiato. Cosa rimane? Rimane tutto. Non è finito niente in realtà. Esperanza e Dead Heat sono accomunati dagli attori in scena ma hanno differenti visioni, umori e finalità. Possono esistere in maniera parallela.

Vi hanno definiti come Brian Eno che incontra Carl Craig. Sembra un allineamento interessante! Detroit ha lasciato il segno a tutti, chiaro, ma in che modo vi sembra di aver assimilato quella lezione?

Questa ci è nuova.. A prescindere dalle etichette che ci sono state attribuite, Detroit è stata oggettivamente un punto di svolta per chi ha come intento quello di rivolgersi al pubblico dei club, una sorta di check point. Un capitolo nuovo per l’epoca e così potente da influenzare le successive. L’epoca di quel suono non credo finirà mai ed è comunque stata “creata” e ispirata da un’altra epoca, quella dei Kraftwerk. Il suono forse non è una lezione che viene impartita ma un’eredità che viene tramandata e da cui ti trovi influenzato anche se in realtà quelle cose non le hai mai ascoltate troppo e persino non amate particolarmente. Ma il bello della musica è che all’interno della stessa traccia che magari non incontra un tuo gusto estetico, senti delle cose che ti ispirano e che, in quel momento, la tua mente riesce a vedere e sentire altrove, in un contesto magari tuo a cui mancava proprio quel timbro o quel modo di usare gli effetti e le dinamiche. Di sicuro siamo influenzati da tutto pur cercando spesso di non esserlo..però ci stiamo piano piano rendendo conto che è uno sforzo inutile, che possono convivere sia la ricerca di una forma espressiva personale sia il chiaro uso di singoli elementi di diversa estrazione..il tutto non è mai consapevole ma frutto di una spinta più inconscia, emotiva.. Detto questo, a Brian Eno e Carl Craig va il nostro sincero grazie per la musica meravigliosa che hanno prodotto.

Bosco EP prelude ad un album nel medio termine?

C’è tempo per pensare all’album..Un album richiede tanta concentrazione e tanto lavoro. Ci sono altri formati che nel medio termine potrebbero essere più adatti a noi. Hai presente il disco di Todd Terje It’s album time? Beh, diciamo che quella non è una frase che ci ronza in testa al momento.

La carica emotiva e introspettiva della vostra musica non vi ha impedito di debuttare con una label come Life & Death, che impatto c’è stato all’inizio e come siete riusciti ad affermare la vostra idea musicale?

Crediamo che anche la musica da club abbia una carica emotiva e introspettiva..Ai ragazzi di Life and Death è arrivato il messaggio pur non essendo stato espresso nello stesso linguaggio che loro parlano normalmente.. Cosa che poi non è nemmeno vera perchè, per dire, con Manfredi (Romano) abbiamo molti gusti in comune, semplicemente abbiamo diversi modi di rielabolarli.

Un suono, il vostro, che ingloba più sfumature, dalla techno al post rock.. A quanto pare anche la scelta di Lucy e The Field per i remix – rispettivamente di Bosco e The Damn – sembra azzeccatissima, hanno capito esattamente cosa avevate in mente!

L’hai detto. Quei due remix ci sono piaciuti tantissimo sin dal primo ascolto!

Lucy, a proposito un altro italiano di stanza a Berlino. Musicalmente cosa vi ha offerto la città e in che modo sentite di farne parte?

La città di Berlino offre tanti spunti, talmente tanti che molto spesso possono sortire l’effetto opposto: non è difficile essere travolti da tutta questa musica che c’è in giro quasi ogni sera. Si rischia talvolta di perdere la direzione. Altre volte invece puoi capire meglio cosa ti piace e cosa no. Insomma, gli stimoli sono tanti e sono ambivalenti.

Immagino! Parliamo invece del live per Elita DWF9, che forma avrà? Più club oriented o con strumenti live?

Il live di Dead Heat sarà di certo molto diverso da quello di Esperanza. Non c’è più una band vera e propria, non c’è più il basso, non c’è la batteria. L’intento è quello di far ballare.

Se l’intento è quello di ballare, allora noi ci saremo e vi racconteremo tutto. Per i ritardatari, qui potete ancora prendervi gli ultimi biglietti per la serata che vedrà impegnati al Teatro Parenti al fianco di DJ Tennis (Life and Death rules!), Daphni e Four Tet. Sabato 12 aprile alle 19.30, be there!

Mattia Laurella

Voleva fare l’architetto, ma finisce in conservatorio e lì rimane. Costantemente in bilico tra classica ed elettronica, è alla ricerca di linguaggi musicali nuovi che (forse) non troverà mai.

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