È il Tempo dei Leland Did It

Nati nel 2013, pugliesi, cinque elementi. Dopo aver fatto le proprie esperienze fra rock e dintorni, un giorno i Leland Did It si sono incontrati attorno a Cake, un tavolo […]

Nati nel 2013, pugliesi, cinque elementi. Dopo aver fatto le proprie esperienze fra rock e dintorni, un giorno i Leland Did It si sono incontrati attorno a Cake, un tavolo apparecchiato di sintetizzatori e drum machine. Circa tre anni ed un EP autoprodotto, è arrivato il tempo di “Tempo”, il loro primo disco.
Da qualche giorno è uscito il singolo “Midnight”, accompagnato da un videoclip davvero interessante prodotto da Acquasintetica.
Le loro atmosfere viaggiano fra elettronica pura e new wave, anche grazie ad una voce particolarmente tenebrosa. Con loro abbiamo parlato di buio, luce, colori e speranza.

leland_Ph_1(web)

“Tempo” è il titolo del vostro disco. Quanto ce n’è voluto per arrivare alla sintesi richiesta da un disco?
Una sola notte, ma molto lunga, dopo un bellissimo live.
Notte in cui uno di noi 5 ebbe “un’Epifania”.

copertina TEMPO

Venite dalla Puglia, un luogo che sicuramente ha una luce molto particolare, ma non diremmo mai cupa. Eppure la vostra musica lo è. Da cosa nasce quindi? In che modo, invece, la terra attorno a voi vi influenza?
La nostra musica nasce da tutto quello che abbiamo vissuto in questi anni e da tutte le nostre influenze musicali: il rock’n’roll, il grunge, la musica elettronica, la new wave, il rock psichedelico e tutti i suoi derivati.
La nostra musica e la Puglia hanno qualcosa in comune secondo me: la necessità e l’esigenza. Tutto ciò che ha a che fare con il progetto Leland did it prima di essere una soluzione artistica/estetica, è stata una necessità (come Cake ad esempio, nato per poter eseguire dal vivo i nostri pezzi, senza far smadonnare gli amici fonici). Prendi la Puglia: la sua bellezza è affascinante proprio perché necessaria. I trulli – gran figata – servivano a non pagare le tasse.
Vivere in un posto, ti spinge a cercarne sempre di nuovi.

Luce pallida, mezzanotte e poi i colori: lo spettro dei colori del vostro disco, in realtà, non è così cupo come potrebbe emergere dalla musica. C’è un pizzico di speranza, allora?
Ce n’è un sacco: il nostro disco è un avvicendarsi di “inverni” e “primavere”, proprio perché suona delle nostre esperienze. Si ritorna sempre alla luce pallida dell’alba di una nuova stagione… Anche perché l’ultima traccia si chiama “From the very beginning”. C’è speranza per tutti.

Non succede spesso di incontrare un mix così coeso fra elettronica e una voce che potremmo definire rock. In che modo si sono mescolati gli ingredienti? Consapevole o inconsapevole? Come è nato l’incontro fra di voi e come si è evoluto il suono?
Purtroppo (o per fortuna) non c’è una ricetta per descrivere il modo in cui gli ingredienti si sono mescolati… Il nostro incontro è stato del tutto spontaneo; certo, ci conosciamo da una vita e ci siamo divisi per anni fra altri progetti musicali, ma nulla era “premeditato”. Abbiamo lavorato in un modo che definiremmo empatico, esplorando le migliaia di possibilità che gli strumenti contemporanei ci offrono, senza dare mai la possibilità ai software di prendere il nostro posto di esecutori.

Cake è il nome del tavolo autocostruito che portate in giro col vostro tour. Non è pesante?
Ironia a parte, da quali ingredienti è composta la torta? E come si amalgamano? Avete detto che potreste essere, in realtà, una persona sola. Come ribaltate il limite apparente della vostra “superflua” complessità?

Cake è davvero pesantissimo, da solo giustifica il fatto che siamo in cinque. (ridono)
La torta è bella pesante da digerire: ci sono 3 synth, una loopstation, una drum machine, Ableton e un iPad, tutti miscelati da un mixer digitale a cui vogliamo molto bene.
La nostra “superflua complessità” – bella definizione – è dettata dal nostro approccio inguaribilmente rock: ognuno di noi vuole dare ad ogni singola parte musicale il massimo della propria espressività. Per noi è un atto politico.

Anche il disco, quello fisico, ha una certa cura per i particolari e sa tanto di DIY. In che modo questa filosofia influenza la vostra produzione artistica?
Per noi il DIY è un mezzo. Se non riusciamo a ottenere quello che vogliamo in base ai metodi standard, ce lo costruiamo. È stato così per Cake_Tales, il nostro EP, e lo è stato in parte per Tempo, di cui però abbiamo affidato il mixaggio a Graziano Cammisa e il mastering a Jolly Mare.

Domanda che solo i pugliesi e pochialtri capiranno (e se non lo siete, googlate): se è vero che Lynch è una figura centrale del vostro progetto, almeno a leggere il nome e a sentirne le atmosfere, in che modo lo sono Toti&Tata e gli Oesais?
Personalmente ho suonato la batteria in una tribute band di Toti&Tata (NdR Vittorio Di Lorenzo). Durante quella breve esperienza ho capito quanto è importante divertirsi quando si suona. E con i Leland questo succede ogni live.

Ascolta Tempo, il disco dei Leland Did It

Gianvito Fanelli

Pugliese, ho vissuto a Milano per dieci anni prima di tornare in Puglia. Sono un designer. Ho una newsletter, colazione.email, e un progetto su Instagram @vita________lenta

Apulian, I lived in Milan for ten years before returning to Puglia. I am a designer. I have a newsletter, breakfast.email, and a project on Instagram @vita________lenta.

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