Interview//Chet Faker

Cosa succede se intervisti la barba più figa del mondo musicale, è venerdì ed è quasi primavera? Sicuramente un ottimo modo di iniziare il weekend e, diciamola tutta, per andare […]

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Cosa succede se intervisti la barba più figa del mondo musicale, è venerdì ed è quasi primavera? Sicuramente un ottimo modo di iniziare il weekend e, diciamola tutta, per andare in brodo di giuggiole.
Nick, meglio conosciuto come Chet Faker è a New York, si è svegliato da poco.
Gli chiedo subito scusa per dover sentire la mia voce che, si sa, non è una delle migliori.
Reduce da pochi giorni da Austin dove ha partecipato al SXSW: “È stato il primo festival al quale ho partecipato in assoluto come musicista dua anni fa. Ci sono un sacco di gruppi indie, folk, elettronici e tante altre realtà da scoprire, è molto figo. Purtroppo quest’anno c’è stato un incidente nel quale sono state coinvolte anche delle persone…”
In realtà approfitto della conversazione con uno dei personaggi più promettenti della scena musicale elettronica per farmi consigliare, in vista di un ipotetico viaggio nella grande mela, quali sono i club più cool di questa metropoli: “Ti consiglierei l’Output a Brooklyn e poi…Oddio, mi metti alla prova!”

Dopo la vincente collaborazione con un’altra promessa australiana Flume e la mielosa cover dei Blackstreet “No Diggity” il 15 aprile uscirà l’attesissimo album di debutto “Built on Glass“.

“È un lavoro scritto negli ultimi anni, una fotografia di quello che è accaduto” – Nick sostiene – “fonde le mie due anime musicali quella più elettronica e quella più soul e r&b. Alcuni pezzi sono anche un po’, come dire, romantichelli, ispirati dalla mia ultima relazione. Anche la cover dell’album è lo specchio della fragilità dei rapporti”.
Passando tra un commento e l’altro dei suoi brani, ci confrontiamo sulla scena musicale australiana che ultimamente sta sfornando dei gran bei producer: Ta-Ku e non ultimo Flume, suo compagno di scuderia e forse di serate, “Ma sai in realtà neanche io so spiegarmi cosa stia succedendo, sicuramente è una bella atmosfera per produrre e per emergere”.
Faccio anche riferimento alla sua ultima performance per la Boiler Room che è stata, senza perdersi in metafore superflue, notevole sotto diversi punti di vista.

“Guarda, in realtà, quella è proprio l’atmosfera che puoi vivere al Melbourne, molti sanno come divertirsi. Se dovessi venire in Australia ti consiglierei di visitare Sydney e Perth per vivere l’esperienza australiana più stereotipata, ma sicuramente Melbourne è forse il posto più cool per vivere per un periodo più lungo ma…io sono di parte!”

Un po’ sconcertata nello scoprire che il primo concerto al quale abbia partecipato, seppur molto giovane con suo cugino, sia stato quello dei 5ive, confessa che la canzone che avrebbe voluto scrivere è “Diamonds and the Soul of her Shoes” di Paul Simon e che il pezzo top per iniziare la serata è The Music di Marcus Marr.
Non è mai stato in Italia se non un giorno al lago di Como ma, ci verrà presto.
Lo si aspetta a braccia aperte!

Ultima e rigorosa domanda: “Nick, ma hai mai pensato di tagliarti la barba? – Beh un giorno o l’altro lo farò, ormai è da un po’ di tempo che non cambio look”.

“Talk Is Cheap” Nick, a noi piaci lo stesso.

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