Agnes Cecile per #ArtOfDenim | Intervista

Come vi avevamo preannunciato sabato 26 ottobre siamo stati a Caserta per assistere alla quarta live performance del progetto “The Art of Denim”, curato dagli amici di PICAME. Dopo Riccardo […]

Come vi avevamo preannunciato sabato 26 ottobre siamo stati a Caserta per assistere alla quarta live performance del progetto “The Art of Denim”, curato dagli amici di PICAME.

Dopo Riccardo Guasco, Pietro Nicolaucich e No Curves è stato il turno di Silvia Pelissero, giovane artista romana meglio nota come Agnes Cecile, chiamata a celebrare il denim a suo modo. Silvia è presentissima sul web, tra Deviantart, Facebook e Youtube (non perdetevi i suoi video) ha un seguito di fan e numero di visualizzazioni da lasciare a bocca aperta. Ma il successo è meritatissimo, Silvia ha talento da vendere, che gestisce quasi “maniacalmente” sui suoi canali, ma che risulta fin troppo evidente dai suoi lavori.

Arrivo al La Reggia Designer Outlet per le 10 di mattina e Agnes-Cecile è già all’opera, concentrata su quello che sarà il suo foglio da disegno per tutta la giornata: una tela di oltre 7 metri quadri che la meticolosa artista ha già pianificato come riempire. L’inverno qui sembra ancora lontano, visto che il sole si piazza ad illuminare (e scaldare) il palco e la tela, ma anche Silvia che non accusa il colpo e va avanti fino a sera, mentre alle spalle passanti e curiosi si soffermano davanti al live act.

Sono le 19 quando Agnes Cecile mette la sua firma sulla tela, “Harmony” è completato, Silvia può boccheggiare almeno fino alla mia prima domanda.

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Allora Silvia… stremata? Quasi 9 ore all’aperto (di cui la metà sotto il sole di Caserta)… cosa ti è mancato del tuo studio e cosa invece hai apprezzato di questa nuova esperienza? Sei sembrata a tuo agio, ma ho come la sensazione che l’intimismo delle tue opere necessiti di spazi più “riservati”…
Stremata sì, ma più per tutta l’ansia dell’evento che le ore di lavoro! Mi porto sempre dietro un po’ di panico da palcoscenico. Di sicuro la difficoltà più grande è stata lavorare all’aperto su una tela più alta di me, sono abituata a lavorare in studio con luci stabili e con i miei spazi.. avevo fatto solo un altro lavoro all’aperto precedentemente, ed è il murales fuori il mio studio. I risultati delle performance sono lavori un po’ a parte, tengo all’attenzione di chi guarda, procedo con un metodo differente dal solito ma che tenga più vivo l’interesse. Spesso così il risultato di queste performance è meno forte dei lavori fatti in intimità, che sono più personali e su cui mi posso concentrare di più sulla qualità finale, ma c’è un processo più interessante.

Come ti sei preparata per l’opera realizzata durante la quarta tappa di The Art of Denim? C’è stato un processo di ricerca diverso dal tuo solito modo di lavorare?
Il denim è un tema differente dai miei temi soliti, che sono più intimistici, ho pensato a un’immagine che fosse coerente sia con il tipo di soggetti che uso di solito, quindi a volte ragazze un po’ cupe o inquietanti, e sia a un’immagine più fashion, ho pensato a come viene indossato il jeans, a chi lo indossa e perché. Mi sono concentrata a dare un carattere a queste ragazze, che non volevo fossero le classiche modelle da rivista, ho preso spunto dai film di Harmony Korine (da qui il titolo) e di Lanny Clark, quindi personaggi un po’ più difficili, strani. Mi piace come il denim possa avere un carattere duttile, a seconda di chi lo indossa acquista un aspetto diverso. Ho pensato di lavorare in questa direzione. Ho fatto diverse prove, mi sono studiata i soggetti, le ho conosciute un po’, ho fatto tante foto a me e amiche per studiare le posizioni. E’ stato più impegnativo come processo perché più impegnativo il lavoro stesso, ma in realtà non particolarmente diverso da come lavoro di solito.

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Ti è capitato anche con altre opere di “strizzare l’occhio” al mondo della moda? Credi che il tuo stile possa sposarsi bene con l’universo fashion?
In realtà sì, quel che faccio viene influenzato dalla moda per più ragioni. Per prima cosa spesso mi è capitato di usare volti di modelle come soggetti, sai le foto che fanno mentre vengono truccate, mentre sono assorte tra le mani dei parrucchieri? Sono scatti che si prestano bene per essere sintetizzati e rivisti in un dipinto, gli posso dare una mia rivisitazione personale (cosa che mi riesce più difficile con foto fatte da fotografi in cui c’è già un procedimento “artistico”, le foto che uso sono foto più tecniche che altro, quasi delle fototessere). E seconda ragione perché usando i colori sento inconsciamente le tendenze, magari passo giornate a “sfogliare” la dash di tumblr e mi saltano all’occhio delle foto in cui ci sono degli elementi gialli, da un cappotto, a un trucco.. ecco, è probabile che, anche non volendo, un mese dopo mi ritroverò a fare un dipinto in cui il colore predominante sarà il giallo. (cosa effettivamente avvenuta)
E la chioma rosa della ragazza di ‘Harmony’ che origini ha?
Dall’ultimo film di Korine, Spring Breakers, in cui queste quattro ragazzette avevano “colori” simili a quelli che ho scelto, principalmente più naturali, e poi questa ragazza tinta di rosa, ti dà quasi l’idea che se lo sia fatto a casa da sola. inizialmente era pensata così, poi a prescindere mi piace molto usare queste tinte pastello innaturali, mi danno molta libertà di movimento.

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E brava Silvia. Parliamo ora di Agnes. Sei molto presente sul web, tra Facebook, YouTube, Deviantart. Ed il seguito di fan non ti manca. Raccontaci come Silvia gestisce online Agnes…
Sto sul web fin da quando ho avuto una connessione, all’inizio mettevo in modo disordinato foto, disegnetti, grafiche fatte con programmi più o meno professionali, fotomontaggi.. Quando ho creato la prima pagina “agnes-cecile” su Deviantart (che era solamente incentrata sull’arte tradizionale) a 15/16 anni, ho iniziato a cercare di capire come funzionasse tutto il meccanismo di visibilità. Il metodo più comune era, in sostanza, nel modo più elegante possibile, fare spam della tua presenza su tutte le pagine che trovavi, così qualcuno per sbaglio ti vede. Ma non l’ho mai apprezzato particolarmente, ho sempre preferito muovermi passo dopo passo, senza affrettare i tempi e cercando di fare le cose con un senso. Mi piace osservare come reagisce la gente, è il primo fattore su cui muovo i miei movimenti online, ho iniziato a cercare di capire gli orari in cui più persone sono disponibili, i tempi che dedicano, il tipo di attenzione e la frequenza delle volte con cui vogliono essere aggiornati.

L’importante è muoversi senza fretta, se hai 4 quattro cose nuove da postare non c’è motivo di bombardare tutti nello stesso tempo, credo bisogni dare modo di assimilare, di voler dedicare attenzione a una cosa alla volta, vorrei cercare di prendere più di uno sguardo superficiale mentre passi su una pagina passivamente. E’ un po’ strano incentivare alla lentezza sui Social, apparentemente è un controsenso. E poi ovviamente fare le cose fatte bene, in tutto. Se fai una foto, falla bene, inquadra bene, metti tutto a fuoco. Se fai un video presta attenzione, dedica tempo al montaggio, prepara le luci, non piazzare una telecamera e via. E’ il modo in cui ti presenti.

I miei quadri raramente si vedono dal vivo, forse un paio di volte all’anno in rari eventi, non punto solo al dipinto visto dal vivo, trovo importante che la presentazione online (che è quella che si vede quotidianamente) sia curata allo stesso modo del quadro stesso. Tutto questo ovviamente mi ha portata a scontrarmi con diversi campi, quali la fotografia, i video, la grafica digitale.. autogestendo tutto sto cercando di migliorare anche negli altri campi.

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I volti e le espressioni dei tuoi lavori appartengono a soggetti sconosciuti, di cui l’identità non è rilevante. Cambierebbe il tuo approccio se dovessi portare su tela il viso di un amico/familiare?
Mi è capitato di ritrarre familiari e conoscenti, ma l’approccio che ho verso il dipinto è totalmente diverso. Quando ritraggo qualcuno che conosco mi concentro su quella persona, la penso e rifletto su di lei e magari sul mio rapporto che ho con lei, è una riflessione verso fuori. Non riesco a usare qualcuno che conosco come soggetto per poi fare qualcosa di personale, è come parlare di me mettendo in mezzo qualcun altro, non me la sento. Più sono sconosciuti più riesco a parlare di me stessa nell’immagine, riesco a metterci del mio. Se necessito di un soggetto uso me stessa, più che altro.
Autoritratti allo specchio (ma con orecchio intero)?
Una versione un po’ più contemporanea, autoritratti alla reflex e con congiuntivite cronica.

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Se un giorno non dovessi più dipingere volti, quali soggetti ti piacerebbe rappresentare?
Soggetti che comunque possano avere dell’importanza per me. Alcune volte mi attira l’idea di poter raffigurare in un modo personale alcuni luoghi, alcuni oggetti che mi stanno a cuore, andando oltre la “fotoricordo”. Recentemente ho visto alcune foto di Luigi Ghirri, si percepivano le emozioni in certi luoghi semplici, quotidiani.

Da quanto abbiamo capito non sei schiava di ritmi frenetici e commissioni al limite della sopportazione, ma riesci a gestire i tuoi tempi e la tua ispirazione. Stai lavorando a qualcosa in particolare adesso, o ti lasci guidare dai tuoi acquerelli ?
Dopo quest’evento con PICAME per The Art of Denim e altre collaborazioni dell’ultimo periodo, ho deciso di fermarmi e dedicarmi a riempire la mia ultima Moleskine, dove in genere faccio qualche esperimento. A breve ci sarà una mia nuova personale, quindi mi sto dedicando alla creazione di pezzi nuovi e all’organizzazione del tutto.

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Angelo Superti

Editor in chief e fondatore di Polkadot. Ingegnere, curioso e appassionato, da sempre spettatore dell'eterno duello tra razionalità e creatività, tra idee e limiti di tempo. La Puglia è la sua casa.

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