Intervista a Salottobuono

Salottobuono nasce nel 2005 come collettore di diverse esperienze di ricerca e produzione progettuale. Indaga lo spazio urbano alla ricerca di dispositivi in grado di innescare strategie di trasformazione: temi e programmi diventano l’occasione per analisi diagrammatiche o per l’elaborazione di visioni paradossali.
L’attività di Salottobuono si articola in concorsi, workshop, progetti editoriali e incarichi di progettazione.

Salottobuono nasce nel 2005 come collettore di diverse esperienze di ricerca e produzione progettuale. Indaga lo spazio urbano alla ricerca di dispositivi in grado di innescare strategie di trasformazione: temi e programmi diventano l’occasione per analisi diagrammatiche o per l’elaborazione di visioni paradossali.
L’attività di Salottobuono si articola in concorsi, workshop, progetti editoriali e incarichi di progettazione.

Perché Salottobuono?

È una provocazione. Ci piaceva ironizzare sui “salotti buoni” che, in Italia, pare siano i veri centri di potere dietro ogni decisione importante in ambito politico e finanziario, e che, forse, istituiscono un modello per l’organizzazione di quasi ogni ambito sociale nel nostro paese.

Dal 2007 avete collaborato con Abitare con la rubrica “Istruzioni per l’uso”. Analisi e scomposizione di opere di architettura, da dove nasce e qual è l’obiettivo?

L’inizio della nostra collaborazione con Abitare ha coinciso con l’arrivo di Stefano Boeri come nuovo direttore della rivista. Il suo intento era trovare un modo diverso per raccontare il progetto: più “laterale”, multidisciplinare, sicuramente meno autoriale. “Istruzioni per l’uso” è un tentativo di applicare queste categorie al disegno. Abbiamo fatto molta ricerca per capire, di volta in volta, quale fosse il migliore sistema di rappresentazione per l’oggetto da narrare e cercato di sviluppare degli strumenti ibridi laddove le tecniche più note ci sembrassero insufficienti. Parallelamente a questo, gran parte del lavoro è stata riposta nel costruire un'”ecologia” di contenuti ed informazioni attorno al progetto, partendo da quei dati inequivocabilmente legati alla natura e alle caratteristiche fisiche dell’edificio o dell’oggetto, per arrivare a notizie molto più marginali—ma in qualche modo connesse—ed arbitrarie, che potessero restituire un racconto più diffuso ed inedito.


Istruzioni per l’uso dal numero di Abitare 480: New Museum di SANAA

Qualità o quantità di informazioni visuali. Qual è la chiave per l’efficacia della comunicazione verso il lettore?

All’interno dello spazio della pagina, la quantità di informazione che si sceglie di rappresentare influenza inevitabilmente anche la sua qualità. Mentre sul web la quantità è virtualmente illimitata (sia nel senso della sua elevata varietà che in quello della sua frequente ridondanza), la carta impone delle scelte. Decidere cosa sia importante includere—e con quale gerarchia—, e che cosa escludere, non è soltanto stabilire a quale distanza dal centro fermarsi (ipotizzando il centro come l’insieme delle informazioni ritenute più importanti, o attinenti, a un dato fenomeno); dipende, soprattutto, dall’organizzazione che si vuole dare al proprio racconto. Qui, chiaramente, entra in gioco la progettazione visuale.
Uno degli aspetti chiave di “Istruzioni per l’uso” consiste esattamente nella struttura di questa organizzazione, che non è lineare (dal centro verso la periferia), bensì polarizzata (come se si riportassero dei campioni esemplificativi di tutto lo spettro informativo). In questa seconda tipologia, la scelta effettiva sui contenuti diventa molto più ampia, e, di conseguenza, più libera è per il lettore la capacità di ricostruire i sentieri di collegamento fra i vari contenuti.


Pagine interne dal numero di Domus 947: a destra l’apertura del Photoessay.

Visuale è pure il redesign del layout di Domus. Che importanza ha la tipografia nel vostro lavoro e in particolare nella nuova Domus?

Dedichiamo sempre molto tempo, all’inizio di un nuovo progetto, nel capire quale possa essere la tipografia più adatta. In “Istruzioni per l’uso” la scelta è arrivata dopo molti tentativi con altri caratteri. Alla fine, lo Scala sans ci è sembrato il tipo che maggiormente rifletteva la natura di quel lavoro: è fondamentalmente un carattere che mantiene visibile, anche a corpi molto piccoli, la peculiarità, estremamente riconoscibile, del disegno delle sue lettere. Inoltre, è versatile e vario, per cui permette di essere utilizzato in molti contesti differenti: paragrafi di testo, brevi didascalie, titoli, notazioni numeriche, legende.


Pagine interne dal numero di Domus 947: due pagine di Network.

Per Domus il discorso è stato molto diverso: sia perché in questo caso si è trattato di scegliere come rappresentare un contenuto di volta in volta diverso, sia perché sbagliare grossolanamente la scelta di un carattere nella progettazione di una rivista significa trascinare un errore per 150 pagine al mese. Alla fine, qui si è deciso di optare per tre caratteri: il TheSerif per tutti i testi principali ed i titoli, l’Aaux per didascalie, notazioni accessorie e rimandi interni alla rivista, e il Tarzana, disegnato dalla grande Zuzana Licko, per alcune sezioni specifiche e altri usi particolari all’interno degli articoli (citazioni, estratti da altri testi, etc.). I motivi di questa scelta sono vari, ma proviamo a riassumerne uno per ciascuno. Il TheSerif è un carattere completo in tutto, ottimo per la visualizzazione di lunghi testi e con un bellissimo corsivo; l’Aaux è un carattere vicino all’Akkurat (oggi un po’ inflazionato, ma che ci piace molto): ne mantiene il rigore e l’asciuttezza, rompendo un po’ gli schemi nel disegno di alcune lettere; il Tarzana, infine, è un tipo delicato, dal corpo mediamente molto diverso dagli altri due (assai più piccolo), e di un’eleganza senza pari.


Dettaglio di una pagina interna dal numero di Domus 947: a destra, i dati che connotano le fotografie sulle pagine del Photoessay.

Quali sono le vostre fonti di ispirazione?

Difficile dirlo. Variano molto, a seconda della natura di ognuno di noi e del periodo. Forse la risposta più onesta sarebbe dire (semplicemente e furbamente), tutto ciò che vediamo e leggiamo.

Photos by Andrea Basile

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