Dall’1 al 5 ottobre il capoluogo emiliano ha ospitato quello che ormai è diventato un appuntamento imperdibile per molti fan della musica elettronica, della ‘club culture’ e dell’arte contemporanea: il roBOt Festival. Non solo musica: opere d’arte, proiezioni video, installazioni interattive e numerosi workshop hanno trovato largo spazio nel programma dell’evento. Un programma ricco e suggestivo, come le location selezionate per fare da palcoscenico agli artisti che si sono esibiti tra le sale di Palazzo Re Enzo, storica struttura medievale situata nel pieno centro di Bologna e per la prima volta nei due padiglioni della zona industriale di BolognaFiere e al MamBo, il museo di arte moderna.
Come le precedenti, anche questa edizione si sviluppa attorno a un filo conduttore: il rapporto tra l’uomo e la tecnologia, la produzione e riproduzione della memoria nell’era digitale, la connessione tra tecnologia e pratiche sociali dove i confini tra pubblico e privato sono sempre più sottili.
Sui vari palcoscenici si sono esibiti numerosi artisti provenienti da tutta la penisola e artisti di fama internazionale lasciando però grande spazio ai giovani e agli emergenti: iniziative come #call4robot, bando di ricerca per le arti visive rivolto alle realtà emergenti, hanno dato la possibilità a giovani artisti di farsi notare su un palcoscenico così importante.

La prima serata si svolge interamente tra le mura di Palazzo Re Enzo. Due sontuose stanze allestite per l’occasione: nella Sala del Podestà, gli screenings della coppia russa Elena Tikhonova e Dominik Spritzendorfer, e del rinomato Sergio Caballero, artista visionario e co-fondatore del Sonar, si mischiano alle sonorità del poliedrico Roly Porter e a quelle dei tedeschi Burnt Friedman & Jaki Liebezeit.
La Sala degli Atti è invece dedicata ai Quiet Ensamble, colletivo artistico romano che riprone la propria performance in questa location anche nelle serate succesive: un intreccio di luci e suoni, che trasforma un’ orchestra classica in un set elettronico.

Nella seconda serata altre due location vengono aperte e rese protagoniste: la Sala del Capitano e la Sala Re Enzo. La prima è dedicata interamente ai dj set tra i quali spicca l’italiano Nick Antonhy Simoncino, con la sua passione per i vinili e per le sonorità elettroniche più classiche. Nella Sala Re Enzo si alternano proiezioni video e performance artistiche che culminano con l’esibizione della compagnia di danza Dewey Dell: un live concert accompagnato da una serie di coreografie suggestive e mai banali. Tra le varie performance, richiamano grande attenzione ‘[re]BO[u]NDS’ di Giulio Colangelo e Valerio de Bonis, e ‘Squeezing Sounds Out of Light’, del giovane artista Marco Cecotto, un ingegnere del suono che attraverso un complesso sistema elettronico composto da numerosi dispositivi acustici e luminosi, alcuni dei quali totalmente auto costruiti, propone un viaggio entusiasmante tra suoni ambientali e luci ritmiche che non stanca mai di stupire lo spettatore.
Spazio ai live nel Salone del Podestà: dopo gli screenings la serata viene riscaldata dall’inglese Fort Romeu e dal dj set di MemoryMan aka Uovo, membro del trio di dj PastaBoys, che a Bologna è di casa.

Il venerdì sera è quando ha inizio lo spettacolo più atteso; si aprono le porte della Fiera. Dopo Palazzo Re Enzo, dove si sono tenute numerose performance tra le quali spiccano quella del giovane musicista irlandese Wife, del posato Lawrence con le sue sonorità variegate e il live di Morkebla accompagnato dai coloratissimi visuals del video artista Marco Mendeni. Inoltre sono presenti alcuni workshop molto interessanti sulla produzione digitale.
In tarda serata la manifestazione si sposta nei due padiglioni del complesso industriale che viene diviso per l’occasione in tre aree differenti. E’ il Main Stage a richiamare maggiormente l’attenzione con tre dei nomi più attesi del festival: Craig Richards, Mathew Jonson e Ricardo Villalobos, che non deludono le aspettative regalando un intenso spettacolo fino a notte inoltrata. Tra gli artisti che più sorpendono nel RedBull Music Academy Stage c’è il giovane torinese Vaghe Stelle, con il suo mix vincente di suoni industrial e braindance.

I biglietti per la serata di sabato 4 ottobre vanno in sold-out la mattina precedente. La line-up è un vero e proprio elenco di fenomeni. Le sale di Palazzo Re Enzo sono piene; sin dal pomeriggio, la Sala degli Atti è dedicata a performance e workshop sulle tecnologie digitali. La Sala del Capitano ospita due nomi cari alla scena elettronica nostrana: Go Dugong e Godblesscomputers, che scaldano la serata a Dj Marfox, protagonista indiscusso in Portogallo, con il suo set che varia tra sonorità house e ritmiche africane.
Va invece in scena nella Sala del Podestà lo spettacolo di Dorian Concept; funk, elettronica e gran classe nel live del giovane austriaco.
Ma è nei padiglioni di BolognaFiere che il Robot tira fuori il meglio si sé. Nella Main Room, le prima esibizione è del leccese Populous. Dopo di lui, Gold Panda regala un’ottima esibizione e intrattiene egregiamente un pubblico trepidante per gli show più attesi. Dopo il dj inglese infatti, il palco viene lasciato ai Moderat. Il gruppo tedesco, nato dall’unione di Apparat e Modeselektor, è uno dei più affermati della scena internazionale e il loro live è perfettamente all’altezza della fama che li precede: synth ipnotici, ritmi travolgenti e suoni minimali accompagnati da una fantastica voce, il tutto condito come sempre da installazioni visive e proiezioni video in perfetta sincronia. Sincronia che non viene meno nell’esibizione di Jon Hopkins, altro nome di punta di questa edizione.
Due ore intense, in compagnia del musicista britannico, tra sfumature melodiche e atmosfere ambient che trasportano il pubblico fino a notte fonda. La serata si conclude con un fantastico dj set di Apparat, che accoglie le prime luci del mattino e regala una splendida conclusione a quest’evento memorabile.

(photo reportage di Alice Blandini)

Siamo stati al roBOt Festival

Dal 13 al 20 Settembre 2014 a Reggio Emilia si è respirata aria di nuovo, di cambiamento di una cosa realizzata finalmente come si deve. Era aria di ELEVA FESTIVAL!

Che cos’è ELEVA? Nient’altro che musica elettronica, workshop e contenuti visivi in location evocative. Le risorse dedicate alla musica in Eleva Festival, sono sicuramente state le più ingenti. Concerti live, djset, artisti nazionale ed internazionali, hanno reso il programma del festival vario e strutturato con una logica tendenzialmente crescente. Sono stati 4 i meeting che hanno composto il festival: verde, giallo, rosso e blu.

Il meeting verde è stato l’evento inaugurale ai chiostri San Pietro e ha potuto contare su nomi come Eddie C , GodBlessComputers e Silvie Loto.

Al meeting rosso stupenda performance live di Machweo con l’intera band al suo fianco nella bellissima location della centrale elettrica diroccata.

Gli ultimi appuntamenti sono stati i meeting rosso e blu, entrambi il 20 Settembre, che hanno appoggiato le proprie basi musicali su nomi come David August, No Regular PlayCasa Del Mirto live, Bassa Clan (Fabrizio Maurizi e Dino Angioletti),Yakamoto Kotzuga live e per finire Ryan Elliot.

Tutti gli artisti che hanno partecipato al festival si sono dimostrati talentuosi, moderni e disponibili, e questi aspetti hanno contribuito a ridurre la distanza con il pubblico, sviluppando contesti a misura d’uomo. Ciò che rimane dopo un evento del genere, è sicuramente la sensazione che qualcosa di magico sia nato e sia rimasto in tutte le location, ma non è possibile misurare il livello di questa magia. Ciò che però è sicuramente misurabile sono le 52 ore di musica live e dj set che sono state suonate e i 9000 partecipanti che hanno preso parte ad Eleva durante i 4 meeting!

Se volete saperne di più vi consiglio di andare a visitare il sito di Eleva e i relativi canali social e badate bene a non confondere un festival di musica elettronica con una serata in discoteca… commettereste un grosso errore!

 

 

 

 

Eleva Festival 2.0 Report

Se chi ben comincia è a metà dell’opera, Bass Culture può già ritenersi ampiamente soddisfatta: il primo weekend del Locus Festival ha riscosso un enorme successo di pubblico e, soprattutto, ha regalato a Locorotondo l’attesa esibizione di due artisti di pregiatissima caratura come Laura Mvula e Gregory Porter. Musica e voci di inestimabile qualità in una cornice meravigliosa. Un’attenzione maniacale ai dettagli e alla scelta delle location, con il Docks 101 di Via Nardelli incontrastato sfondo delle presentazioni pomeridiane e dei dj-set post-concerto (nel weekend appena trascorso si sono avvicendati Keedo e Tuppi). La Valle d’Itria come protagonista indiscussa di un modo virtuoso di creare turismo e promuovere cultura.

Locus weekend 1

Ph. Umberto Lopez

La serata di sabato 26 gode dell’apertura di uno dei talenti più fulgidi del Tacco d’Italia: Carolina Bubbico. Nella mezz’ora a sua disposizione, la giovane musicista leccese cattura tutta l’attenzione del nutrito pubblico accorso per la prima del festival, mostrando doti vocali eccezionali. La scaletta alterna alcuni dei suoi inediti a cover sapientemente riprese come “Sir Duke” o “Garota de Ipanema”. Un uso intelligente e accurato dei loop riesce a rendere il suono della Bubbico ricco di sfaccettature e avvolgente, cosicché l’essere da sola sul palco diventa un ulteriore elemento a favore della riuscita della sua esibizione. L’ottima “Di te” chiude il concerto di una delle artiste più promettenti in circolazione. Gli applausi sono più che meritati.

Carolina Bubbico

Ph. Umberto Lopez

Giunge quindi l’attesissimo momento di Laura Mvula. Grazie al Locus Festival la Venere nera di Birmingham, 28 anni di grande maturità artistica, si trova a calcare per la prima volta i palchi italiani. Grande merito va dunque ascritto agli organizzatori per aver portato in Italia, e precisamente nel Mezzogiorno – spesso privo di grandi esclusive simili – una delle migliori interpreti contemporanee del soul. Sin dall’iniziale “Like The Morning Dew”, lo spettacolo della cantante ha confermato la bontà della scelta artistica. Determinata e cazzuta nel suo incedere vocale e nei passaggi più frizzanti della scaletta ma allo stesso tempo capace di distillare momenti emozionanti, come nella stupenda “Sing to the Moon”, Laura Mvula fende l’aria della gremitissima Piazza Aldo Moro in un connubio magico. Il nucleo centrale dello show culla gli spettatori al punto che, simpaticamente, la cantante si preoccupa di risvegliarli dallo stato di trance nel quale erano entrati con un finale più partecipato in cui anche il resto della band (violino, violoncello, contrabbasso, batteria ed arpa) mette in evidenza le proprie capacità tecniche. Tutti gli occhi, in ogni caso, sono per Laura, una vera forza della natura dall’ugola incredibile. Tra gli applausi scroscianti del pubblico, accompagnata dalla sola violoncellista l’artista inglese ritorna sul palco per concedere un unico bis: una strepitosa cover di “Human Nature” di Michael Jackson. La conclamazione di una voce dal sicuro avvenire.

Ph. Umberto Lopez

Ph. Umberto Lopez

Nonostante la pioggia pomeridiana, tutto procede secondo i piani anche nella serata di domenica 27. Alle 22 in punto, dinanzi ad una piazza se possibile ancor più nutrita della sera precedente, fa il suo ingresso sul palco Gregory Porter, quella che senza ombra di dubbio è una delle voci più belle che il jazz odierno possa vantare. Affiancato da un gruppo di strumentisti a dir poco eccelsi su cui svetta uno stratosferico sassofonista più volte impegnato in assoli mozzafiato, l’artista californiano regala al pubblico accorso un concerto indimenticabile per intensità e partecipazione. I brani di “Liquid Spirit”, vincitore del Grammy Award 2014 come miglior disco vocal jazz, e quelli dei due album precedenti rappresentano un mix originale e fresco del meglio che il jazz e la musica nera in tutte le sue forme abbiano saputo offrire nel secolo scorso. Pezzi come “Hey Laura”, “Be Good (Lion’s Song)” o “Musical Genocide” sono riusciti ad imporsi come autentici instant-classic e anche a Locorotondo non hanno mancato di rapire un pubblico oltremodo partecipe con handclapping e sing-along (soprattutto su “Free”). Da parte sua, Porter non ha lesinato energie, concedendo addirittura un doppio bis, di cui il secondo a cappella. Un artista straordinario, capace di conquistare gli spettatori con la bravura e di guadagnarne l’affetto con l’umiltà.

Ph. Umberto Lopez

Ph. Umberto Lopez

In attesa dei prossimi due weekend di musica, il Locus Festival ha già spiccato il suo consueto, meraviglioso volo.

© Foto di Umberto Lopez

Locus Festival: il report del primo weekend